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Autismo: le ultime ricerche dell’Università Campus biomedico di Roma

Due recentissimi articoli, il primo di Carla Lintas e colleghi intitolato “Involvement of the PRKCB1 gene in autistic disorder: significant genetic association and reduced neocortical gene expression”, ed il secondo di Krassimira Garbett e colleghi, “Immune transcriptome alterations in the temporal cortex of subjects with autism”, ambedue in via di pubblicazione rispettivamente su Molecular Psychiatry e Neurobiology of Disease, forniscono risultati importanti ed in larga parte innovativi riguardanti la convergenza di fattori genetici ed immunitari nella patogenesi dell’autismo. Un punto di forza rilevante di questi lavori è rappresentato dall’uso di più metodologie per studiare e descrive il ruolo svolto nella patogenesi dell’autismo dal gene PRKCB1, che codifica la protein chinasi C beta. Le protein chinasi C (PKC) sono enzimi coinvolti in molteplici funzioni, quali la trasduzione intracellulare del segnale, la regolazione dell’espressione genica, il controllo della proliferazione cellulare e del differenziamento. La PKC-beta esiste in due varianti, bI e bII, ambedue derivanti per splicing alternativo dallo stesso gene PRKCB1, che era stato trovato associato all’autismo in un precedente studio genetico. Carla Lintas e colleghi hanno studiato in parallelo sia l’aspetto genetico, utilizzando un campione di 234 famiglie in larga maggioranza italiane, sia l’aspetto neurobiologico e di espressione genica, mediante uno studio post-mortem della sostanza grigia della corteccia temporale di undici pazienti autistici ed undici controlli appaiati per sesso, età ed intervallo post-mortem, forniti al Prof. Persico dall’Autism Tissue Program americano. Dal punto di vista genetico, gli Autori hanno replicato l’associazione tra una variante del gene PRKCB1 e l’autismo, già descritta da Philippe e colleghi. Hanno inoltre evidenziato che la variante genica che conferisce una predisposizione all’autismo è anche associata ad un’eccessiva perdita di piccole proteine con le urine. Questo dato è particolarmente interessante perché nel diabete la stessa variante genica è stata trovata predisporre alla perdita di albumine con le urine. Dal punto di vista cerebrale, invece, i livelli di RNA messaggero prodotti dal gene PRKCB1, nonché di proteina PKC-beta, sono significativamente ridotti del 35% circa nella corteccia temporale di soggetti autistici rispetto ai controlli. E’ importante notare tuttavia che questa riduzione si riscontra nei cervelli degli individui che portano la variante “normale” del gene PRKCB1, mentre pazienti che portano due copie della variante “predisponente” associata alla malattia non mostrano alcuna riduzione dei livelli di espressione. Questo dato, apparentemente di difficile interpretazione, si può comprendere  sia considerando il ruolo biologico svolto dalla PKC-beta nel sistema immunitario, sia i risultati del secondo studio. La PKC-beta stimola la produzione di molte citochine importanti per il funzionamento del sistema immunitario, tanto che topi privi di PKC-beta soffrono di una immunodeficienza. Ed infatti nello studio di Garbett e colleghi, l’esame dei livelli di RNA messaggero codificanti tutti i geni del genoma umano analizzati in sei paia di cervelli tra gli undici già studiati per la PKC-beta, hanno evidenziato una massiccia attivazione dell’espressione di geni che producono proteine “pro-infiammatorie” coinvolte nel sistema immunitario. L’attivazione coinvolge non solo geni appartenenti all’immunità innata, ma anche geni coinvolti nell’immunità acquisita. Questi pattern di espressione genica ricordano molto più le fasi tardive, “di recupero”, presenti nei modelli animali di patologie cerebrali autoimmuni, quali la sclerosi multipla, piuttosto che le alterazione immunitarie innate non-specifiche presenti in molte patologie degenerative. In questo contesto, è importantissimo notare che il pattern di espressione genica dei geni pro-infiammatori normalmente stimolati dalla PKC-beta è invertito nei cervelli degli autistici rispetto ai normali, ossia, a livelli più alti di PKC-beta corrispondono nei cervelli degli autistici livelli più bassi di RNA che codificano per queste citochine.

Pertanto nell’insieme questi due studi indicano che l’organismo di un’ampia parte dei pazienti autistici potrebbe essere vittima di un processo patologico sistemico apparentemente di tipo autoimmunitario. In risposta a questa reazione, la produzione cerebrale di RNA dal gene PRKCB1 viene frenata, trattandosi di un gene che codifica una PKC-beta pro-infiammatoria. La variante genica normale è in grado di auto-ridurre la propria attività (ed infatti questa variante potrebbe svolgere addirittura una funzione protettiva, visto che è molto più presente tra i fratelli non malati che tra gli autistici). Invece la variante che conferisce una vulnerabilità all’autismo non sarebbe in grado di operare questa auto-riduzione e quindi continuerebbe a sostenere la produzione di citochine pro-infiammatorie nonostante la presenza di una reazione immunitaria patologica già in atto. I prossimi studi riguarderanno l’identificazione esatta della variante genica funzionale nel gene PRKCB1 e il loro studio in modelli cellulari.

Queste ricerche rappresentano il frutto di una proficua collaborazione tra il gruppo del Prof. Antonio Persico, Direttore del Laboratorio di Psichiatria Molecolare e Neurogenetica dell’Università Campus Bio-Medico ed dell’ IRCCS “Fondazione Santa Lucia” di Roma, ed il gruppo del Prof. Karoly Mirnics della Vanderbilt University, esperto nelle tecniche di studio dell’RNA mediante tecnologia microarray. Inoltre il campione di famiglie che è stato studiato da Carla Lintas e Colleghi, fa parte di un campione molto più ampio che è stato reclutato a partire dal 1997 ad opera di una rete di centri clinici coordinata dal Prof. Persico, comprendente i Dipartimenti di Neuropsichiatria Infantile della II Università e dell’Università “Federico II” di Napoli; il Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile della II Università di Roma; il Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile della Università di Milano; il Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile della Università di Torino; il Servizio di Neurologia dell’I.R.C.C.S. “Oasi Maria S.S.” di Troina (Enna), oltre ad un centro clinico negli U.S.A., il Southwest Autism Research Center di Phoenix, Arizona, ed al Servizio di Genetica Medica dell’I.R.C.C.S. “Casa Sollievo dalla Sofferenza” di S. Giovanni Rotondo (Foggia). Questa rete, a partire dal 2006, ha dato vita alla Società Italiana per la Ricerca e la Formazione sull’Autismo (www.sirfa.org), la prima società professionale italiana focalizzata esclusivamente sull’autismo con il fine di trasporre quanto più rapidamente possibile i progressi della ricerca scientifica all’ambito clinico-applicativo dell’autismo. E’ importante quindi segnalare che questi studi sono stati resi in primo luogo possibili da una collaborazione operativa e duratura tra molti centri italiani, che uniti hanno costituito una massa critica in grado di ottenere risultati riconosciuti a livello internazionale e che aprono prospettive cliniche promettenti.

Fonte: angsaonlus.it

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