• Aprile 18, 2024 11:35 pm

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Un gruppo di ricercatori della Fondazione Santa Lucia, dell’Università Tor Vergata di Roma e dell’Ospedale Spallanzani, realtà presenti tutte nella città di Roma, ha indagato e scoperto alcune importanti dinamiche che regolano il processo attraverso cui le cellule smaltiscono le molecole tossiche.

Proteine mutate o materiali di scarto, queste le sostanze che devono essere eliminate, vengono trattenute da vescicole chiamate autofagosomi, per, poi, essere depositate nei lisosomi, organi cellulari che si occupano della degradazione vera e propria.

Questo processo di utopulitura cellulare, indicato con il nome di autofagia, già noto agli studiosi dagli anni sessanta, sarebbe regolato dalla proteina Ambra1; dunque, una qualsiasi mutazione genetica che la riguardi può compromettere l’autofagia.

Importante in questo meccanismo anche il legame tra l’Ambra1 e la proteina dineina, perché proprio nel momento in cui si verifica la rottura, processo regolato anche dall’interazione della proteina Ulk1, avviene il trasporto delle molecole da smaltire verso il luogo di degradazione.

L’obiettivo prossimo degli specialisti è quello di individuare farmaci in grado di agire sull’Ambra1 e sull’Ulk1, così da intervenire sui meccanismi dell’autofagia e indurne l’attivazione quando necessario. Già esistono medicinali in grado di rispondere a questa esigenza, ma hanno un’azione eccessivamente invasiva sulle cellule; l’auspicio è che si possa arrivare a stimolare l’autofagia in modo più delicato.

Un obiettivo ambizioso, se si tiene conto che la pulizia cellulare gioco un ruolo importante in molte patologie, da quelle neurodegenaritive fino a numerose forme tumorali; patologie anche molto diverse tra loro, ma che hanno in comune un accumulo di sezioni cellulari danneggiate.

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