Da sempre gli psicologi insistono sul valore terapeutico che sport e ballo possono assumere in situazioni di disagio psico-fisico, in quanto i movimenti corporei aiutano a sciogliere le tensioni del corpo che spesso non sono altro che il riflesso di quelle più profonde dell’animo; stimolare il movimento corporeo può allora senz’altro avere benefici effetti anche sulla mente.
L’unicef e l’associazione sportiva CapoeriArab hanno sposato in pieno questa linea di pensiero, portando la Capoeira tra i rifugiati palestinesi del campo di Al-Tanf, lungo il confine siriano.
La Capoeira, a metà strada tra danza, combattimento e arti marziali, nasce mezzo secolo fa presso le colonie degli schiavi brasiliani come forma di difesa dalla violenza dei padroni; una disciplina, quindi, che per sua stessa natura ha una valenza liberatoria.
L’introduzione della Capoeira all’interno del campo profughi ha significato non soltanto promuovere un’attività fisica, ma è stato anche importante fattore di stabilizzazione psicologica per tutti i rifugiati, soprattutto per i bambini. Una mamma di Al-Tanf ha affermato che questa disciplina ha completamente ribaltato l’umore dei più piccoli, oltre ad aver introdotto un importante elemento di diversificazione nella vita del campo.
Operazione, questa promossa dall’Unicef e dalla CapoeirArab, dagli importanti risvolti sul piano
psico-sociale.
Fonti: Unicef
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