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Giovedì il 3° incontro con “Le virtù delle donne” dell’Osservatorio O.N.Da
LA FORZA DELLE DONNE? LA LORO “MENTE NATURALE”:
SAPER COGLIERE L’ESSENZA DEL MONDO E VINCERE LE SFIDE
Lo psichiatra Claudio Mencacci, l’imprenditrice Marina Salamon e la giornalista Adriana Bazzi affronteranno il tema della “fortezza”

Con fermezza e costanza. Perché la fortezza rappresenta la capacità di resistere alle avversità, di non scoraggiarsi dinnanzi ai contrattempi, di perseverare, andare avanti ad ogni costo, senza lasciarsi vincere da pigrizie, timori, viltà. La fortezza è però anche un’opera militare che protegge dagli attacchi esterni. “Sono queste – premette Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna – le due caratteristiche della forza delle donne. Da un lato non tutte riescono oggi ad esprimere con pienezza le loro potenzialità e sono costrette ad arrestarsi di fronte agli ostacoli accontentandosi di condurre un’esistenza mediocre. Dall’altro si sono trasformate in ‘fortezze da espugnare’, una condizione autolimitante dovuta alla società che sono quotidianamente costrette ad affrontare. Partiamo dunque da queste premesse per affrontare gli aspetti femminili della fortezza, la terza delle sette virtù affrontate nel nostro ciclo di incontri ‘Le virtù delle donne’ in collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano”. In questa terza serata interverranno, introdotti da Fiorenzo Galli, direttore generale del Museo, Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, Marina Salamon, imprenditrice, presidente di Altana SpA, Adriana Bazzi, giornalista e scrittrice. Durante la serata sarà possibile degustare specialità dolciarie, grazie alla collaborazione con Offelleria Tacchinardi, con il consueto accompagnamento musicale a tema di Simona Bondanza e Pietro Trofa. L’incontro si terrà Giovedì 10 marzo, alle 17,30 alla Sala Conte Biancamano (ingresso via Olona 6/bis). Ingresso libero fino ad esaurimento posti.
“La donna – spiega il prof. Claudio Mencacci – possiede un modo di pensare e di agire che esprime un’intelligenza istintiva, capace di farle superare difficoltà e indugi e anche di risolvere ambiguità. Un modo di pensare cioè che non aggira gli ostacoli ma affronta le situazioni con una saggezza che va diretta all’essenza dei problemi. Questo aspetto del femminile si chiama ‘mente naturale’, in grado di cogliere il punto cruciale delle situazioni, che si contrappone alla mente convenzionale, più maschile, di chi non vuole essere in disaccordo con il proprio piccolo gruppo o, più ampiamente, con il contesto sociale, anche a rischio di non acquisire la propria individualità. Ciò significa non riconoscere e, di conseguenza, non dare spazio alle espressioni personali che sono alla base della creatività. In questo contesto la virtù della Fortezza oggi diventa ancora più sofferta e complessa perchè la donna deve anche saper scegliere di essere fuori dal coro ed essere ancor più tenace per diventare il soggetto della propria storia. In questa dimensione – conclude il prof. Mencacci – i condizionamenti culturali, inevitabili, non sono più assunti acriticamente come ritmi naturali, ripetitivi e statici, ma possono divenire pedana di lancio per uno sviluppo continuo della realtà individuale e della propria creatività interiore”.
“Le donne forti (e, aggiungerei, gli uomini forti) – racconta Marina Salamon – sono anche create da donne forti. Forza è, nella mia esperienza, il coraggio di riconoscere e superare le proprie paure, continuando a fidarsi della vita. Nella mia vita vi sono state sconfitte, errori o ferite: nell’amore, negli affetti e nel lavoro. Riconosco di avere mutuato da mia madre una grande energia vitale ed autonomia di pensiero (“She felt she had inherited a great, wild joy at being alive”. Beryl Markam, pilota di aerei, vissuta tra le due guerre mondiali), ma ho dovuto, però, imparare in seguito l’umiltà e la dolcezza necessarie a perdonare me stessa, a volermi bene comunque, dopo ogni esperienza negativa. Solo attraverso di essa, ho imparato ad accettare la realtà, carica dei limiti o fragilità umane, che negli anni della giovinezza non riuscivo a ‘leggere’ in questo modo. La mia rigidità, il mio orgoglio, erano simili al comportamento di un cagnolino che ringhia, per rassicurare se stesso ed impressionare i vicini. In realtà non si tratta di animale davvero feroce… ha solo paura del mondo circostante. La forza che ho imparato, nel tempo, è la possibilità di coinvolgere fino in fondo la mia umanità, in ogni incontro, di lavoro o altro, cercando verità, mai atteggiamenti legati ad un ruolo professionale, o di potere. Se io mi pongo in questo modo, in genere, anche gli altri reagiscono similmente. Ciò non esclude i conflitti, e non elimina le differenze, ma ci permette di ridere, o commuoverci, o superare pregiudizi, e cambia i rapporti aziendali, ricostruendo speranza… E questo, in un’Italia ingessata, spaventata e pessimista, non è inutile. Lavorare e vivere diventano un’unica, magnifica possibilità di capire oltre”.

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