• Luglio 27, 2024 2:52 am

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Passi in avanti contro l’esposizione a sostanze radioattive

Grazie alla collaborazione fra due equipe di ricerca, la scienza è riuscita ad individuare due anticoagulanti che potrebbero curare le malattie generate dall’esposizione alle radiazioni.

Lo scorso anno l’incidente di Fukushima in Giappone ha riacceso la preoccupazione per l’assenza di cure contro l’avvelenamento da radiazioni. L’esposizione genera all’istante conseguenze irreversibili provocando la distruzione del fegato e del midollo osseo che danneggia le cellule del sangue e il sistema immunitario. Tuttavia una ricerca portata avanti su alcuni topi da laboratorio accende qualche speranza; il trattamento incrementa le funzioni del midollo osseo. La cura consiste nella somministrazione di un farmaco chiamato trombomodulina costituito da due composti la solulina e la recomodulina, usati per attivare la proteina C. Il farmaco messo in commercio contro la trombosi è stato prodotto da una casa farmaceutica americana ma è stato un flop.

I topi a cui è stato somministrato hanno invece più che rafforzato l’attività del midollo osseo, necessario alla produzione di globuli bianchi e quindi al sistema immunitari; la percentuale di sopravvissuti all’ esposizione  è passata dal 40 al 80%.  Il lavoro è opera di una collaborazione fra due gruppi di ricercatori, di cui uno ha scoperto elevati tassi di sopravvivenza fra cavie con  una produzione eccessiva di trombomodulina, mentre l’altro del Blood Center in Wisconsin aveva il compito di verificare come la proteina C, prodotta dal fegato, risponda alle radiazioni. La trombomodulina attiva la proteina C. Dopo queste scoperte i ricercatori hanno sottoposto 48 topi a elevate quantità di radiazioni. Dopo 48 ore a 30 di loro è stata somministrata la proteina C, dopo 30 giorni solo il 30% di quelli che non avevano ricevuto alcun trattamento erano sopravvissuti, mentre nell’altro gruppo ne è sopravvissuto  il 70%. Secondo Mark Whitnall, un biologo dell’Armed Forces Radiobiology Research Institute in Maryland,  i risultati dati dalla somministrazione di questi reagenti sono entusiasmanti, ma bisognerà aspettare che i ricercatori verifichino la reazione corporea ad un’esposizione massima. Nonostante questo è innegabile che si sia fatto un passo in avanti – ha commentato il ricercatore.

Fonte: Nature.com

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