• Novembre 12, 2024 4:57 pm

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Passi avanti nella diagnosi dell’Alzheimer

I primi segnali clinici dello sviluppo dell’Alzheimer, come cambiamenti nella presenza di proteine nel cervello, potrebbero essere scovati fino a 25 anni prima dell’insorgenza della patologia.

La notizia è stata pubblicata da un consorzio di ricercatori sul prestigioso New England Journal of Medicine questa settimana, i risultati danno speranza allo sviluppo di strumenti diagnostici precoci e allo sviluppo di trattamenti preventivi contro l’Azlheimer.

“Andando alla ricerca di cambiamenti prima che i pazienti mostrino segni clinici della malattia, noi saremo in grado di sviluppare trattamenti specifici e indentificare la via migliore attraverso la quale un giorno poter  prevenire la patologia.” Ha dichiarato Peter Schoefield, Direttore Responsabile di Neuroscience Research Australia Sydney e co-autore dello studio.

L’Alzheimer è la causa più comune della demenza: è stato stimato che nel 2050 in Australia il numero di persone affette da demenza sarà circa un milione e negli Stati Uniti  13 milioni.

La diagnosi dell’Alzheimer di solito è preceduta da segnali e sintomi clinici, come dimenticare il nome dei membri della famiglia o perdersi in luoghi familiari, effetti dovuti a danni permanenti alla struttura del cervello.

Attualmente non ci sono farmaci in grado di prevenire la patologia. E come risultato i pazienti fanno esperienza di una progressiva riduzione della memoria e delle funzioni cognitive  o anche di una completa perdita di indipendenza.

In questo nuovo lavoro di ricerca gli studiosi hanno applicato un nuovo approccio di verifica, chiamato Network Ereditario Dominante dell’Alzheimer. Per questo gruppo di persone una mutazione ereditaria significa essere geneticamente predisposti a sviluppare la malattia prima dei 60 anni. Gli studiosi hanno scoperto che queste persone tendono a sviluppare la malattia alla stessa età dei genitori. Questo ha consentito ai ricercatori di utilizzare l’età di manifestazione della patologia dei genitori come elemento di previsione della manifestazione dei sintomi nei soggetti studiati. In tal modo ciascuna informazione data dal profilo clinico del genitore ha prodotto informazioni utili alla previsione dell’età alla quale si sarebbero manifestati i sintomi della malattia.

I risultati della ricerca mostrano che i cambiamenti nelle proteine e nella struttura del cervello possono essere individuati molto prima dei sintomi clinici di demenza. Circa 25 anni prima della manifestazione dei sintomi della malattia i livelli di una proteina chiamata beta amiloide diminuiscono nel fluido cerebrospinale.  15 anni prima della manifestazione un deposito anormale di beta amiloide e l’incremento di un’altra proteina chiamata tau appaiono nel cervello e alcune sue sezioni iniziano a morire.

I pazienti cominciano ad avere problemi di memoria 5 anni dopo e mostrano uno spettro di sintomi necessario a diagnosticare la malattia solo tre anni dopo l’avvenimento di questo processo.

Generalmente la demenza viene diagnosticata tardi, nel corso di un irreversibile processo di decadimento biologico che caratterizza la prima fase della patologia. Se i risultati di queste ricerche potessero essere applicati ai casi più comuni, potrebbero avere un impatto profondo sulla diagnosi e sul trattamento della malattia, consentendo ai pazienti di prendere parte attivamente alla gestione della patologia.

Diagnosticare molto prima il problema o subito dopo la comparsa dei primi sintomi potrebbe aiutare i pazienti a condurre uno stile di vita sano, che riduce il rischio di sviluppare la malattia o rallenta la sua progressione. “Questo inoltre potrebbe consentire di pianificare anticipatamente la vita del malato” ha detto Chris Hartherly Manager del Centro di Nazionale di Ricerche sull’Alzheimer in Australia.

Fattori che forse offrono qualche rallentamento degli effetti contro la progressione dell’Alzheimer includono la dieta mediterranea, stimoli celebrali, regolare attività fisica e interazioni sociali.

Sebbene i ricercatori non abbiano ancora individuato dei biomarcatori per la diagnosi della malattia hanno dimostrato la forza di questo particolare modello genetico consentendo di capire gli elementi biochimici implicati e i cambiamenti strutturali che avvengono attorno e nel cervello prima che i sintomi  possano essere individuati.

Ulteriori studi con gruppi di persone sono in fase di avvio, è necessario reperire un numero maggiore di  partecipanti che ripetano i test a intervalli di un anno per ottenere un quadro chiaro dei cambiamenti che si succedono nei biomarcatori.

Fonte: Nature.com

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