• Aprile 25, 2024 1:35 am

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Una lunga giornata al cellulare per stringere contatti di lavoro e la sera, puntuale come sempre, il mal di testa. Magari un po’ di relax davanti alla tv può farci bene, e invece, ecco lì che arriva anche la tachicardia. Siamo subito pronti a dare la colpa all’eccessiva loquacità di quel cliente che, trattenendoci oltremodo al telefono, deve evidentemente aver messo a dura prova la nostra capacità di sopportazione, suscitando in noi un certo nervosismo che ci impedisce perfino di godere il meritato riposo davanti al nostro film preferito. E nella testa frulla il solito ritornello. “Sto diventando intollerante al telefono”, convinti che la responsabilità sia da attribuire a coloro che parlano troppo o a quel suono talvolta davvero fastidioso che ci tormenta a tutte le ore. E invece potrebbe davvero essere così; è quanto rivelano più ricerche condotte in diversi paesi europei.

E’ possibile che alcuni individui sviluppino una vera e propria intolleranza, quando non si possa addirittura parlare di allergia, alle strumentazioni tecnologiche. Si chiama elettrosensibilità, e secondo l’Oms circa il 3% della popolazione mondiale ne sarebbe affetta. I sintomi variano da soggetto a soggetto; i più frequenti risultano essere cefalea, vertigini e tachicardia.

Secondo il Prof. Johansson, studioso svedese che da anni porta avanti ricerche sull’elettrosensibilità, il fenomeno si può spiegare considerando che il nostro sistema immunitario, che sviluppa le armi di difesa di fronte a fattori avversi che ha imparato a riconoscere, non è ancora pronto a fronteggiare gli allergeni elettromagnetici contenuti in onde radio, televisioni, etc.

Già in una risoluzione UE del 2008, il Parlamento Europeo ha stabilito che l’esposizione ai livelli di radiazione deve basarsi su fattori biologici, una posizione ribadita anche in un rapporto dello scorso Febbraio, segno di una crescente attenzione all’impatto che le nuove tecnologie possono avere sulla salute; eppure ancora in nessuna parte del mondo l’elettrosensibilità è ufficialmente riconosciuta come malattia.
L’impegno che si chiede alle amministrazioni è che si fissino efficaci limiti di sicurezza nello sviluppo delle nuove tecnologie.

Fonti: Terranauta

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