• Ottobre 7, 2024 6:44 am

Il periodico

Ripetizioni e Corsi online

L’impianto del neuro stimolatore ha già dato ottimi risultati in 80.000 pazienti trattati nel mondo attraverso la chirurgia stereotassica

Grazie ad una consolidata esperienza nella chirurgia stereotassica delle patologie neuro-oncologiche, presso il Dipartimento di Neuroscienze dell’istituto Nazionale Regina Elena (IRE) prende il via la Stimolazione Cerebrale Profonda che offre una nuova opportunità di trattamento per i pazienti affetti da Parkinson che non rispondono più alle terapie farmacologiche. In Italia oltre 200 mila persone sono colpite dalla Malattia di Parkinson, patologia neurologica degenerativa che colpisce in genere la popolazione oltre la sesta decade, mentre per il 25% dei pazienti l’esordio avviene prima dei 50 anni. Ad oggi non esiste una cura preventiva e le cause sono in larga misura ignote. A livello cerebrale si osserva la degenerazione di alcuni neuroni deputati a rilasciare la dopamina e un’alterata comunicazione nei circuiti addetti al controllo motorio. I primi impianti di un pacemaker collegato ad elettrodi cerebrali profondi sono stati effettuati alcune settimane fa nel nostro Istituto dal prof. Carmine Carapella, Neurochirurgo del Regina Elena, in collaborazione con il dott. Carlo Colosimo, neurologo dell’Università La Sapienza.

“Il primo intervento in assoluto – ci ricorda il prof. Carapella, responsabile della Sezione di Neurochirurgia Stereotassica presso il Dipartimento di Neuroscienze IRE- è stato realizzato dal Professor Benabid a Grénoble in Francia oltre 20 anni fa. Da allora molti centri neurochirurgici in Europa e nel resto del mondo hanno adottato questa procedura. In Italia, e in particolar modo nel Centro-sud, non sono ancora molti i Centri in grado di proporre la stimolazione cerebrale profonda come opzione terapeutica e di fornire ai pazienti tutte le valutazioni necessarie nelle fasi pre e post-chirurgiche (cliniche, neuropsicologiche, di imaging). I risultati ottenuti negli oltre 80.000 pazienti trattati in tutto il mondo ci confermano che la stimolazione cerebrale profonda è un trattamento efficace, sempre se gestito da un’equipe qualificata di neurochirurghi e neurologi.

La metodica consiste nell’impianto intracerebrale in una piccola area del talamo o dei gangli della base di un elettrodo stimolante collegato ad un pacemaker. Lo stimolo elettrico indotto in una zona del cervello che funge da relais su alcuni circuiti del movimento aiuta a controllare i sintomi della malattia e consente di ridurre l’uso dei farmaci specie quando responsabili di effetti poco desiderabili (disturbo dei movimenti volontari, turbe del comportamento). Poiché non vi è in questo momento alcuna cura per la Malattia di Parkinson e non vi è alcun mezzo per prevenire la sua progressione, l’obiettivo del trattamento è quello di gestire i sintomi, rinviare il più a lungo possibile il loro peggioramento e ridurre al minimo l’insorgenza di nuovi sintomi.

I pazienti che possono eseguire questo tipo d’intervento rappresentano fino al 10% di chi soffre di Parkinson. L’impianto è particolarmente indicato nei soggetti in cui la terapia farmacologica, a distanza di anni, non riesce più a gestire instabilità motorie o discinesie gravi.

I risultati, valutati a distanza dall’impianto del neurostimolatore, evidenziano come si possa ottenere un significativo miglioramento sia della qualità di vita che delle funzioni motorie (tremore, rigidità, discinesie), con una riduzione delle dosi di terapia farmacologica dell’ordine del 50 % in media. Attualmente, inoltre, si sta valutando la opportunità di approfondire la problematica della Stimolazione Cerebrale Profonda (DBS) non solo per la malattia di Parkinson, il tremore essenziale ed altri disturbi extrapiramidali, ma anche per le epilessie intrattabili e per forme particolari di cefalea intrattabile.

“In questi anni, abbiamo effettuato circa cinquecento procedure stereotassiche – evidenzia il prof. Carapella –  prevalentemente finalizzate alla diagnosi di tumori cerebrali, allo svuotamento di tumori cistici ed all’infusione diretta di sostanze antiblastiche nel contesto del tessuto tumorale, ma anche procedure funzionali di stimolazione e di termocoagulazione per sindromi dolorose intrattabili quali la nevralgia del trigemino.”

Come funziona la stimolazione profonda: Il ‘cuore’ dell’apparecchio è il neurostimolatore, un piccolo dispositivo in titanio, simile ad un pacemaker cardiaco, che contiene la batteria ed un microprocessore; impiantato al di sotto della cute del torace produce gli impulsi elettrici necessari per la stimolazione. Quattro sono gli elettrodi terminali che, con una metodica stereotassica guidata dalle immagini di Risonanza Magnetica, vengono impiantati nelle aree cerebrali coinvolte nella malattia. La terapia è reversibile, infatti è possibile interrompere la stimolazione o rimuovere completamente il dispositivo, in qualsiasi momento. Per la riuscita ottimale dell’impianto è fondamentale un’accurata selezione dei pazienti, unitamente ad una valida integrazione tra neurochirurghi, neurologi e neuropsicologi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.