• Ottobre 4, 2024 12:39 pm

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Abbiamo il piacere di ospitare nuovamente la dottoressa Curceanu, prima ricercatrice dell’Istituto di Fisica Nucleare di Frascati. Dottoressa negli incontri precedenti abbiamo ripercorso un po’ la storia della fisica, da Galileo fino ad arrivare ad Einstein e con lui ci siamo fermati, accennando solo di sfuggita ad un altro aspetto della fisica indagato da questo grande fisico, quello relativo alla meccanica quantistica, vogliamo approfondire quest’ argomento?

Einstein è uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, anche se questa era già “nell’aria” a cavallo fra ottocento e novecento, tuttavia conosce  il suo maggior sviluppo a partire dal 1920- 1930. Erano gli anni in cui Einstein nutriva forti dubbi sul determinismo. La meccanica quantistica rispondeva in maniera differente rispetto alle speculazioni precedenti, dicendo che nemmeno in teoria era possibile conoscere il risultato esatto di una singola misura, quando si parla dell’ infinitamente piccolo. Tornando ai capisaldi di questa, è importante mettere in evidenza i punti critici, che non avendo trovato risposte nel fisica classica, hanno richiesto una nuova formulazione delle leggi che governano il mondo quando si parla dell’ infinitamente piccolo; il primo punto, quello che ha creato uno vero e proprio shock nel mondo della fisica, è quello che ha scoperto come l’atomo nella meccanica classica non possa esistere, noi non possiamo esistere, perché l’elettrone, in un campo elettrico come quello generato dal nucleo, dovrebbe emettere, a causa del suo moto accelerato intorno al nucleo, una radiazione e di conseguenza dovrebbe piombare sul nucleo stesso in tempi infinitamente rapidi così da distruggere l’atomo stesso.

L’emissione delle radiazioni equivale ad una perdita di energia da parte dell’atomo?

Quella non c’è, l’atomo non dovrebbe esistere, non c’è un atomo stabile nella meccanica classica. Inoltre si è anche scoperto che l’atomo emette energia effettivamente, ma in quantità discontinua, ci sono dei livelli, delle righe.

A pacchetti?

Esattamente, a pacchetti. C’è in particolare lo spettro delle linee dell’atomo di sodio che dice che l’elettrone segue orbite intorno al nucleo quantificate, che non possono assumere qualunque distanza, a differenza, ad esempio, del sistema planetario. Poi c’è il discorso riguardante la radiazione del corpo nero; se prendiamo una scatola nera e la riscaldiamo ad una certa temperatura, avremo un’emissione di radiazioni elettromagnetiche che avranno uno spettro che dipende principalmente dalla temperatura. Nella meccanica classica ad un certo punto la radiazione dovrebbe diventare infinita, ma noi sappiamo che nella realtà non è così; a dare una spiegazione iniziale ci pensa Planck, prima di Einstein, che ipotizza, come spiegazione solo a livello matematico, che l’energia viene emessa e assorbita in quantità finite, da qui il nome quantum e la formulazione della formula E=hv che spiega in qualche maniera la radiazione del corpo nero.

Scusi,  ma prima di arrivare a Planck, non era già stata formulata un’ipotesi da Borh su questi argomenti?

La teoria di Borh è del 1913, mentre è nel 1900 che Planck spiega le radiazioni del corpo nero e nel 1905 che Einstein pubblica l’articolo, che gli varrà il premio Nobel, sulla spiegazione dell’effetto fotoelettrico, che dice che quando un pezzo di metallo viene illuminato da una luce comincia ad emettere elettroni, solo però, se l’energia di questa luce supera una certa soglia. Einstein spiegò questo effetto attraverso l’interpretazione di questa luce come composta da pacchetti di energia, chiamati in seguito fotoni; si è ritornati quindi  ad un’interpretazione corpuscolare del fotone. È infine del 1913 la postulazione, la cui teoria verrà  definita circa dieci anni dopo, nel 1925-26, gli anni d’oro della meccanica quantistica.

Ma qual è stato esattamente il motivo che ha fatto pronunciare ad Einstein la famosa frase “Sembra difficile dare una sbirciata alle carte di Dio. Ma che Egli giochi a dadi…” ?

Questa frase Einstein la pronuncia alla fine del 1920 inizio 1930, dopo la postulazione di Bohr e l’avvento di giovani come Eisenberg, Dirac, accade che questa meccanica quantistica si veste di un “abito” matematico, avviene la formulazione della meccanica ondulatoria,  con l’avvento dell’equazioni,  di tutto un formalismo dovuto in gran parte a  Schrödinger , con la sua celebre equazione che è l’equivalente del comportamento meccanicistico degli oggetti, attraverso la formulazione di Newton, l’equazione di moto. Proprio questa descrive il comportamento nell’ambito della meccanica quantistica sostituendo la descrizione della singola particella vista come una posizione, un impulso, un’ energia ben definiti, come un’onda, tanto che il concetto fondamentale diventa la funzione d’onda. E quindi avviene la crisi; dove tu hai più possibilità, più risposte misurando un sistema, quello che tu puoi ipotizzare da prima non è l’esito  preciso, ma la probabilità di poter avere uno di questi esiti.

Tutto questo, ovvero il non potere individuare a priori la posizione con infinita  precisione, dipende dalla mancanza di strumenti ad hoc oppure da qualcos’altro?

E’ questo il nocciolo della meccanica quantistica, l’incapacità di calcolare simultaneamente le variabili “coniugate” con infinita precisione, dipende da un carattere intrinseco della meccanica quantistica, quindi non è dettato dalla nostra incapacità di effettuare una misura precisa. Il principio di indeterminazione di Eisenberg è  e fa parte del nocciolo della meccanica quantistica.

Se noi avessimo  uno strumento che viaggiasse ad  una velocità superiore a quella della luce, noi potremmo determinare quello che succede?

L’indeterminazione permarrebbe comunque, poiché è alla base della meccanica quantistica, a meno che la meccanica quantistica, un giorno, non verrà superata da una nuova teoria.

E’ questo che ha mandato in “crisi” Einstein?

Non tanto questo, bensì il fatto che noi siamo in grado di sapere a priori soltanto la probabilità che un certo evento accada, deve mancare qualcosa nel nostro capire il mondo e Einstein chiamava queste mancanze variabili nascoste. A posteriori noi siamo in grado di confrontare le nostre ipotesi,le variabili nascoste, con i risultati finali di un esperimento, rendendoci questo perfettamente conoscibile. Einstein, ma anche altri quali Bohr se ne occuparono, provò in vari congressi a portare avanti degli esperimenti  mentali Gedankenexperiment, grazie ai quali arrivava trionfante a metter in crisi Bohr stesso con le sue ipotesi, ma Bohr dal canto suo  ritornava alla “carica” mettendo a sua volta in discussione le ipotesi di Einstein. Al di là delle controversie dei padri fondatori della meccanica quantistica, Einstein e Bohr, il dibattito, ancora ad oggi, è tutt’altro che sopito, se riuscissimo ad arrivare a definire queste variabili nascoste, risolveremmo tutto e ci troveremmo in grado di avere una visione deterministica  del mondo dove almeno in teoria è possibile descriverlo.

In questo momento noi stiamo parlando, ma se non è possibile determinare nel prossimo futuro ciò che noi facciamo in questo momento, non potremmo mai sapere a che cosa potrà portare questa chiacchierata nello spazio-tempo futuro , giusto?

No non lo sappiamo ovviamente, non è determinabile.

Può succedere di tutto, anche che finisca il mondo?

Il mondo comunque finirà, lo sappiamo per certo, tra cinque -sei miliardi di anni il sole si spegnerà, almeno questo lo sappiamo, è “deterministico”

C’è un’altra figura di scienziato molto importante in quegli anni che andrebbe menzionato, Louis De Broglie   vero?

De Broglie è un personaggio alquanto affascinate in effetti, francese di origine aristocratica, ha esordito nella sua carriera come storico, lui aveva compiuto studi umanistici, ma ben presto si è accorto che la fisica lo affascinava di più e così nel 1923 ha consegnato la sua tesi di dottorato nella quale esponeva una teoria, scioccante per l’epoca, ovvero che non solo il fotone poteva essere visto come particella e onda, ma anche le altre particelle avevano  una natura duale non simultanea, riunendo così il mondo. Quando presentò la sua tesi il corpo docente si trovò in forte difficoltà non sapendo come comportarsi, la sua era un’ipotesi rivoluzionaria e le grandi rivoluzioni, come lo fu la meccanica quantistica, spesso incontrano resistenze.

Accettare certe idee equivale a cambiare la realtà, giusto?

In verità, la nostra conoscenza sulla realtà. Tornando a De Broglie, il senato accademico mandò la sua tesi ad Einstein per avere un suo parere, questo si dimostra entusiasta e invita la commissione a dargli il dottorato. De Broglie riceverà il premio Nobel per la Fisica nel 1929, anche perché la sua teoria della dualità venne magistralmente confermata da un brillante esperimento di Davisson e Germer.

E poi c’è stata un’evoluzione della meccanica quantistica?

C’è stata ed è ancora sotto i nostri occhi, io stessa, a fine maggio, andrò ad una delle tante conferenze che si organizzano nel mondo e nelle quali si parlerà, si litigherà, si litiga moltissimo, si discuterà sulle interpretazioni della meccanica quantistica. L’evoluzione come dicevo c’è stata, ad esempio, il discorso sulle variabili nascoste  è stato affrontato in maniera seria da tanti studiosi; la veste più interessante gli viene data da John Bell, fisico irlandese, che nel 1964, formulò le sue celebri disuguaglianze, che, per la prima volta, aprivano la strada alle verifica sperimentale dell’eventuale esistenza delle variabili nascoste.  La possibilità di sperimentare in maniera pratica avviene subito dopo, ad esempio, con Alain Aspect, agli  inizi degli anni ottanta, i suoi esperimenti dimostrarono, almeno nell’ambito delle ineguaglianze di Bell, che le variabili nascoste non esistevano. Questi esperimenti aprirono la strada alla non località della fisica quantistica, ovvero alla presa di coscienza che esiste una correlazione, un entanglemen, una descrizione della meccanica quantistica che deve tenere conto del tutto e non della singola parte.

Queste cose di cui ci sta parlando si ricollegano in qualche modo agli esperimenti di Einstein- Podolsky?

Si, diciamo che è un esperimento più serio, fatto in ambito di una teoria che collega l’idea  delle variabili nascoste con il risultato dell’esperimento, tu hai una formula matematica che puoi verificare, è vera oppure no . Quello che conta, però, è comprendere come la meccanica quantistica sia una scienza viva e con uno sviluppo importante, sia per le ricadute nel concreto, che per i concetti che permettono di capire il mondo.

Lei prima ha utilizzato una parola, entanglemen, difficile da pronunciare e impossibile da tradurre in italiano, che cosa si intende esattamente con questo termine?

In Italiano non abbiamo ancora trovato l’equivalente migliore, vuol dire un certo tipo di fratellanza.

Ma sei noi dovessimo spiegare esattamente che cosa indica questo termine, se dovessimo dire che esiste un entanglem fra due particelle, che cosa indicheremmo?

È una delle proprietà più difficili da descrivere della meccanica quantistica, racchiude il mistero di questa, tant’ è che Richard Feynman , famoso fisico del secolo scorso, disse “L’intero mistero della meccanica quantistica sta nell’entanglemen”, non tutti sono d’accodo con questa affermazione; ma tornando alla spiegazione, se noi prepariamo un sistema, un atomo che emette due fotoni, che quindi hanno proprietà comuni, e poi li mandiamo in posti diversi dell’universo, se, in seguito, noi ne misuriamo uno, istantaneamente sappiamo anche cosa succede all’altro, perché sono correlati in precedenza. Poi, se vogliamo la natura è più “perversa” di così, c’è di più, alcune delle quantità che misuriamo emergono nel processo stesso della misurazione; la realtà si esprime nel momento stesso in cui io misuro. Questo fa nascere una serie di paradossi, dubbi, interpretazioni, che sono tutt’oggi motivo di dibattito. Entanglemen è questa fratellanza che permane anche se gli elementi sono lontani miliardi di anni luce.

Ragioniamo a livello macroscopico, ipotizziamo che in un determinato punto nel mondo capiti “qualcosa”, questo “qualcosa” potrebbe perturbare, in qualche modo, anche le altri parti del mondo?

No, perché non è una trasmissione di un’informazione, ragion per cui la causalità, nonché la relatività, almeno in questa formulazione non vengono violate. Quindi è la tua conoscenza di un altro sistema senza la possibilità di influenzarlo.

Ci sono due elementi molto interessanti, a cui lei ha già accennato, il teletrasporto e  la possibilità di viaggiare nel tempo, la meccanica quantistica a livello teorico può dare risposte a questi due fenomeni?

Tornando alle ricadute della meccanica quantistica, il teletrasporto, ad oggi, è un’ipotesi di lavoro che è più di una semplice idea, in laboratorio è stato realizzato il teletrasporto, anche all’università di Roma, il professor De Martini, l’ha realizzato con un piccolo numero di fotoni. Nel teletrasporto di oggi però, abbiamo dovuto rinunciare ad uno degli aspetti  “utilizzati” dalla navicella Star Trek, concedetemi la citazione,  ovvero l’istantaneità, c’è bisogno di un canale di comunicazione classico, limitato alla velocità della luce, che si basi sull’entanglemen .

Quindi non è simultaneo?  Ci vuole del tempo?

Si, esatto, ad oggi questo tempo è limitato alla velocità della luce, questo per ora toglie la speranza di poter spostare qualcosa da questa galassia ad un’altra in maniera istantanea.

Se io dovessi teletrasportare una persona da qui in un altro posto, dopo un po’ di tempo questa persona si materializzerebbe in un altro luogo, ma nel punto da  dove questa persona è partita cosa rimarrebbe?

Rimarrebbe la quantità di materiale distrutto, nel teletrasporto l’originale viene distrutto. Rimangono comunque dei problemi di principio, passare dal micro al macro, da due particelle a miliardi di queste, nel teletrasporto è fonte di accesi dibattiti, anche se in teoria è fattibile, poiché entra in gioco la capacità di mantenere in questo stato di entaglemen il “costruttore” con il “misuratore”

Professoressa ma secondo lei la morte non potrebbe essere una specie di teletrasporto?

Verso dove? Be’ in realtà esiste una teoria, non tanto legata al teletrasporto, ma al tema della morte, che spiega come  non ci si debba preoccupare di questa perché esistono diversi universi paralleli generati dalla meccanica quantistica e una persona rimane comunque viva in uno di questi.

E invece per quanto riguarda il viaggio nello spazio-tempo, cosa ci può raccontare?

Nella meccanica quantistica, ad oggi, per quanto riguarda questo argomento siamo ancora nell’ambito della pura speculazione.

Fino ad ora abbiamo parlato della meccanica quantistica “pura”, ma questo argomento chiama a sé altri ambiti di studi e conoscenze, la chimica, ma anche l’arte e la letteratura, solo per citarne alcuni.

La meccanica quantistica ha un forte impatto sia sul nostro modo di vivere, qualunque oggetto dotato di un microchip che noi utilizziamo è stato costruito grazie a questa, che sulla comprensione del mondo, anche se nell’immaginario collettivo questa non è assolutamente presente, forse perché è sia difficile da spiegare che da capire, non impossibile però.

Parliamo un po’ per assurdo, è possibile che la meccanica quantistica sollevi dei veli anche per quanto concerne alcuni aspetti della metafisica, come la telepatia, i fantasmi, per esempio?

Per sollevare i veli bisognerebbe credere in quei determinati fenomeni, io personalmente sono una miscredente, al meglio un’agnostica, nel senso che gli scienziati hanno il “brutto” vizio di  credere solo in quello che vedono. La meccanica quantistica sicuramente solleverà dei veli,  quali saranno non lo so, in ogni caso la mente deve sempre essere aperta verso nuovi ambiti di conoscenza.

Allora, per concludere,  quali libri ci consiglia?

Ve ne consiglio tre, uno che è un bellissimo libro di fisica, che contiene anche una parte di meccanica quantistica, scritto qualche anno fa da un bravissimo fisico italiano Tullio Regge che si chiamo “Infinito”, un altro dedicato alla meccanica quantistica da uno dei più grandi fisici italiani che ha dato un grande contributo a questo ramo di studi a livello mondiale, lui stesso ha formulato una teoria che va post- meccanica quantistica, post teoria di Schrodinger, Gian Carlo  GhirardiUn’occhiata alle carte di Dio”, un po’ difficile, ma che dà molta soddisfazione dopo averlo capito. L’ultimo  libro, ancora più difficile se vogliamo, in inglese, si riferisce alla mente e all’eventuale contributo della meccanica quantistica nel capire la coscienza, “The conscience minds” scritto da uno dei promotori di questi studi, David Chalmers.

E’ possibile vedere il video dell’intervista al seguente link: Italialivetube

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